Lo sport visto dai giapponesi. Il pugilato

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A grande richiesta ritorna la rubrica dedicata ai manga sportivi del Sol Levante. Abbiamo parlato di calcio e basket: lasciamo da parte i giochi di squadra e dedichiamoci alla nobile arte del pugilato. 

Da qualsiasi parte lo si guardi, Rocky Joe (Ashita no Joe in originale) non può che definirsi un classico della storia del fumetto giapponese. Quando si parla di spokon è doveroso fare riferimento al manga di Ikki Ajiwara (pseudonimo di Asao Takamori) e Tetsuya Chiba. In quel periodo Takamori era in preda ad una febbre creativa. Prima di Rocky Joe sceneggiò La stella dei Giants nel 1966 e nel 1969 e – in contemporanea con lo spokon sulla boxe – realizzò Tiger Mask. Colpi esplosivi? Forza sovrumana? Niente di tutto questo, l’opera si caratterizza per la crudezza, i duri allenamenti da cui si evince tutta la passione degli autori per questo sport. Pubblicato il primo gennaio del 1968 fu serializzato per cinque anni fino al 13 maggio 1973. Nel 1970 fu trasposto in anime, poi in un pellicola animata nel 1980 e poi una seconda serie poco dopo. Il manga racconta la storia di Joe Yabuki, un ragazzo problematico che si dedica a rubare e a mettersi nei guai. Durante una rissa, Danpei Tange, un ex pugile, dopo averlo visto combattere decide di allenarlo. Il giovane accetta ma finisce comunque in riformatorio. Tange continuerà ad allenarlo e Joe inizia a forgiare amicizie e inimicizie con altri pugili. Fin qui la premessa iniziale del manga che ovviamente si svilupperà creando una serie di momenti storici, come il finale e la morte di uno dei suoi personaggi.

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La storia non avanza velocemente come accade nei manga contemporanei. Si prende il suo tempo per spiegarci chi sono i personaggi e definire le loro personalità.

Essendo un manga degli anni ’60 i disegni possono apparire antiquati agli occhi di un certo tipo di lettore. Lo stile di Chiba è chiaro e pulito con un tratto che ricorda i disegni di Osamu Tezuka. L’influenza di Tezuka si nota anche nel tipo di umorismo innocente che stempera i toni di una storia drammatica e triste: proprio i continui contrasti tra commedia e dramma danno un tocco speciale al manga.

La popolarità di questo spokon è stata tale che dopo la morte di Toru Rikiishi, il carismatico rivale di Joe, morto pochi istanti dopo un’epica battaglia contro il protagonista,  si celebrò negli uffici dell’editore Kodansha un vero e proprio funerale buddista. Altro esempio dell’influenza di Rocky Joe è stato quello del sequestro di un aereo di linea nipponico da parte del gruppo dell’Esercito Rosso. I sequestratori inserirono nel comunicato la frase “noi siamo il Joe di domani” (in giapponese “Ashita no Joe”).

Rocky Joe rappresenta tanti tasselli del Giappone: quello del fumetto nipponico, ma anche quello di un ragazzo attaccabrighe che cresce come sportivo e come uomo. Ma soprattutto è la storia di una nazione: il Giappone del dopoguerra, che lotta con le unghie e con i denti per sfuggire ad una misera condizione. Una storia di drammi, incontri, sangue e passioni. Un capolavoro della letteratura a fumetti giapponese ma anche un modo per capirli un po’ meglio, questi strani, bizzarri e spesso troppo ingiustamente criticati fumetti giapponesi, poiché Ashita no Joe ne è un po’ il simbolo, di questo strano arcipelago popolato da gente con gli occhi a mandorla.

Una delle vignette più iconiche dei manga
Una delle scene più iconiche della storia dei manga

In Giappone esistono vari manga sulla boxe ma il vero erede di Rocky Joe può essere considerato Hajime no Ippo (ne abbiamo parlato anche QUI, ricordate?). Il manga di George Morikawa è pubblicato incessantemente a ritmo settimanale su Shonen Magazine della Kodansha  sin dal settembre del 1989. Com’è possibile che sia ancora così popolare in Giappone a distanza di ventisei anni? Makunachi Ippo è un ragazzo delle superiori che viene maltrattato quotidianamente da tre bulli. Sua madre porta avanti la pescheria lasciata dal defunto marito. Ippo è molto umile, timido e non reagisce neanche se gli dicono che la sua vecchia puzza di pesce. Un giorno incontra Takamura Mamoru, un pugile professionista. Ippo si sente motivato per la prima volta nella sua vita quando scopre che Mike Tyson era un ragazzino che veniva picchiato fino a quando decise di dedicarsi alla boxe. Una volta visitata la palestra di Takamura sceglierà di iscriversi. Ippo è un protagonista anomalo: non è sbruffone, forte, non pensa solo a mangiare e non ha un ego spropositato nonostante le vittorie. Rispetta i suoi avversari e gli ammira senza rendersi conto che lui stesso è un pugile geniale.

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La sua carriera e i suoi progressi si basano sulla perseveranza. Una volta entrato nella palestra Kamogawa conoscerà Miyata, che sarà il suo principale rivale. Oltre al pugilato, il lato comico è un fattore predominante di questo manga. In Hajime no Ippo si scherza spesso. I protagonisti sono pugili ma prima di tutto ragazzi. Ippo avrà anche la sua (lenta) storia d’amore con la sorella minore di un avversario e i suoi compagni non perderanno l’occasione per aiutarlo e prenderlo in giro. Specialmente per la sua enorme “virtù meno apparente”.

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Ippo non è l’unico protagonista di questa opera. Sono presenti una ventina di personaggi principali e ad ognuno di essi è dedicato ampio spazio. Il disegno nei primi capitoli – come spesso accade – è rozzo e i personaggi appaiono più grandi di quanto siano in realtà. In oltre cento volumi Morikawa ha avuto il tempo per affinare la sua tecnica. La resa dei colpi è più veloce, i protagonisti hanno forme più armoniose e le sopracciglia non occupano più metà del viso.
Se dopo questo articolo vi è venuta una gran voglia di prendere a pugni chiunque vi capiti a tiro dateci dentr

Fermatevi!!!
Fermatevi!!!

Stay nerdish, stay foolish!

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